Mi occupo di marketing da oltre 30 anni e, fino a oggi, sono riuscito a sopravvivere mantenendomi anche piuttosto in forma dal punto di vista dell’operatività sul mercato.
Parto da questa premessa per dire che, nella mia esperienza lavorativa, ho visto molte evoluzioni di mercato, di tecnologie, di situazioni, di cicli (e ricicli) delle crisi e di cambiamenti strutturali del modo di fare business.
In tutti questi anni, però, c’è un fattore comune che ho visto ripetersi più e più volte: l’assenza di una vera strategia di marketing aziendale efficace.
Teoricamente, il marketing è un’attività strategica a tutti gli effetti, che presiede a tutte le attività dell’azienda, sia interne che esterne.
Eppure, nella pratica, il marketing viene spesso visto come uno spreco di denaro per fare fiere o attività considerate inutili, con addetti MKTG che vanno in giro per il mondo a cazzeggiare mentre i colleghi sono in azienda a lavorare.
Il marketing è una disciplina strategica di carattere economico che permette di fare previsioni e proiezioni attendibili, consentendoci di posizionare la nostra azienda e i nostri prodotti sul mercato a una condizione: avere un budget adeguatamente assegnato e delle persone che ci lavorino.
Il marketing non è un’attività che si può fare “a elastico” quando si ha un ritaglio di tempo o quando si è in difficoltà e i clienti latitano.
Purtroppo, ancora oggi, molte persone non danno il giusto valore alle attività di marketing.
Vediamo alcuni errori in cui spesso si rischia di cadere quando si parla di marketing.
Mancanza di obiettivi chiari
Prima di iniziare qualsiasi attività di marketing, è necessario stabilire fin da subito gli obiettivi che ci vogliamo prefiggere, rispondendo a queste domande essenziali:
- Perché vogliamo fare una determinata campagna?
- A chi vogliamo parlare?
- Cosa vogliamo ottenere dalla campagna?
- Quanto budget abbiamo a disposizione per la campagna?
- Quali i canali utilizzeremo?
- Come misuriamo i risultati?
- Come definiamo eventuali correttivi?
- Quali reportistiche utilizzeremo?
- Chi si occuperà delle diverse attività?
Spesso e volentieri, queste analisi preliminari vengono trascurate e ci si lancia a capofitto in investimenti improvvisati, che rischiano non solo di non portarci risultati, ma di essere abbandonati dopo poco tempo perché le aspettative non hanno fatto i conti con la realtà.
Il più delle volte, il marketing viene visto come un’attività più ludica che scientifica: ci si sposta da una fiera a un evento, passando per un gadget o la revisione del logo senza soluzione di continuità e con la certezza di affidarsi al caso.
Gli obiettivi sono il primo lavoro su cui ragionare con chi si occupa delle strategie di marketing, coinvolgendo tutti i reparti dell’azienda interessati alle diverse attività.
Scarsa analisi dei dati
Te l’ho già detto prima, ma ci tengo a ribadire questo concetto: il marketing è una disciplina economica di carattere statistico, e sono i dati a guidare le nostre scelte.
L’80% del lavoro del marketer è noioso: raccolta, analisi, valutazione e interpretazione dei dati sono la base per prendere decisioni informate e ponderate, fondate su fatti oggettivi e non su “sensazioni di pancia”, come spesso invece avviene.
Solo il 20% del lavoro del marketer è creativo: in base alle indicazioni fornite dai dati, progetteremo e realizzeremo campagne accattivanti, capaci di entrare dritte dritte nella mente e nel cuore dei nostri clienti (o potenziali tali).
Insomma: senza dati, non si va da nessuna parte.
Assenza di un target definito
A chi vogliamo parlare? Mettitelo bene in testa: non esistono aziende che possono parlare con tutti, soprattutto nel mondo delle PMI.
Dobbiamo scegliere il nostro target e parlare a quello, e solo a quello, fregandocene altamente di cosa possono pensare gli altri di noi.
Per definire il target, esistono tantissimi strumenti che possiamo utilizzare, tra cui:
- analisi SWOT;
- business model canvas;
- attività di benchmarking;
- sondaggi.
Una volta messo a fuoco il target, dobbiamo capire se siamo in grado di soddisfarlo e, in caso negativo, individuare le migliorie da apportare alla nostra proposta o ai nostri processi per rispondere appieno alle sue esigenze e aspettative.
Occhio, però, a non cadere nell’errore di “provare” a raggiungerlo senza i requisiti per farlo:
falliremo miseramente e la nostra reputazione ne uscirà distrutta.
Ecco perché è fondamentale accertarsi di riuscire a soddisfare appieno il proprio target.
Se dopo le analisi iniziali, ci accorgiamo di non essere in grado e di non avere le risorse o le competenze per colmare quel gap, rivolgiamoci senza indugio a un altro target di riferimento.
Non è un’attività così difficile da svolgere, spesso però può essere anche molto dolorosa perché ci mette di fronte ai nostri limiti, specie se fatta bene.
Ti faccio un esempio: noi di Palestra d’Impresa, per quanto riguarda le attività di consulenza, ci rivolgiamo esclusivamente alle PMI con un certo livello di fatturato, un determinato numero minimo di collaboratori e dei problemi ben specifici da risolvere.
E tutti gli altri? Non ci interessano. Per scelta ben precisa, i nostri messaggi e la nostra comunicazione si rivolgono unicamente al nostro target.
Ovvio: stiamo perdendo tante opportunità. Ma preferiamo essere specialisti in una nicchia di settore anziché generalisti in un mare di competizione.
Come si muove la tua organizzazione in merito ai punti trattati in questo articolo?
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